“Rappresenta il culmine dell’architettura dei templi delle acque. È così equilibrato nelle proporzioni (…), studiato nella composizione geometrica (…), così razionale (…), da non capacitarsi (…) che sia opera vicina all’anno 1000 a.C.”. Così il ‘padre’ dell’archeologia sarda Giovanni Lilliu descrive il pozzo del santuario di santa Cristina, l’area nuragica sacra per eccellenza, che si erge in un altopiano basaltico, nel territorio della vicina Paulilatino. Il nome deriva dall’adiacente chiesa campestre dell’XI secolo, di cui resta parte dell’abside e, intorno, 36 muristenes, casette che ospitavano i pellegrini durante le celebrazioni religiose.
Il sito archeologico sorge nel verde punteggiato di ulivi secolari, diviso in due nuclei. Nel primo troverai un tempio a pozzo, risalente al Bronzo finale, abbracciato da un recinto sacro a forma di ‘serratura’. All’interno, vestibolo, scala discendente e camera con volta a tholos, realizzata con anelli concentrici. Fuori dal recinto, la capanna delle riunioni, tonda con diametro di dieci metri, pavimentata a ciottoli e con sedile circolare, e circa dieci ambienti, forse alloggi di maestri di culto e botteghe del mercato che accompagnava le solennità religiose. Bronzi mediorientali di inizio I millennio a.C., fibule bronzee (IX secolo a.C.) e gioielli in oro fenici, rinvenuti negli scavi, testimoniano la lunga vitalità cultuale e commerciale. A 200 metri, c’è il secondo nucleo comprendente un nuraghe monotorre, alto sei metri e largo 13, con scala, nicchia d’andito, camera e volta intatta. Attorno, tre capanne di forma allungata e il villaggio nuragico chiuso da un recinto.
Costruito in pietre levigate con tecniche accurate, il pozzo è un gioiello dalle forme geometriche perfette. Evoca suggestivi culti delle acque, che richiamavano genti nuragiche da tutta l’Isola. Il vano scala ha sezione trapezoidale con muri aggettanti di sette metri. I 25 gradini della scala si restringono man mano fino alla cella, coperti da architravi posti specularmente: l’effetto è di ‘scala rovesciata’. L’acqua arriva alla vasca, scavata nella roccia, da una falda perenne: il livello è sempre costante. Si immagina che la parte elevata fosse simile a quella de su Tempiesu di Orune. Il santuario era forse luogo di osservazione astronomica: perciò lo scenario merita, con cautela, una visita quando la luna piena illumina le acque del pozzo.
0 commenti